Non semel victor sed semper primus

 

La Contrada San Magno sorge nel cuore della città di Legnano. Essa è da sempre definita “Nobile Contrada San Magno”: questo titolo le deriva, per prima cosa, dalla posizione centrale che essa occupa, dalle famiglie di rilievo che vi risiedono, tra le quali le famiglie fondatrici della Contrada, e dalle opere monumentali che custodisce e, in secondo luogo, dal prestigio conquistato negli anni, dallo sfarzo e dall’eleganza della sua sfilata storica e dalla buona gestione interna, che permette di ottenere risultati che superano i confini della Contrada stessa per dare lustro all’intera città.

San Magno fa rivivere nel suo Gonfalone i colori rosso, bianco e rosso e i simboli della Basilica Romana Minore, che ospita nel suo territorio. Sul rosso di sinistra, si trova, infatti, la mitria; sul bianco centrale, l’ombrello vescovile e le chiavi prepositurali; sul rosso di destra, infine, il bastone pastorale. Il motto di Contrada è: NON SEMEL VICTOR SED SEMPER PRIMUS

La Leggenda

Come spesso accade per le tradizioni tramandate oralmente, la storia di San Magno non è unica ma presenta versioni differenti, tutte credibili. La seguente risulta essere la più caratteristica ed interessante. Per prima cosa, bisogna ricordare che questa leggenda coincide parzialmente con quella della città. Il rosso e il bianco, colori di Contrada, sono, infatti, anche i colori araldici di Legnano, nella cui insegna civica compaiono insieme ad una pianta di gelso e un leone rampante, simbolo di assalto e di guerra.

La leggenda narra che, in tempi remotissimi, nell’attuale Piazza San Magno sorgesse un grosso cerro e che tutto il campo che circondava l’albero fosse ricoperto di neve. Nel giorno consacrato a San Magno, un contadino che lavorava quella terra, fermatosi a contemplare la forza dell’albero e la sua resistenza alla neve e al gelo, espresse il desiderio di poter resistere parimenti alle inclemenze della vita.
Apparve all’improvviso la figura del Santo, dall’aspetto ieratico e severo, che si offrì di esaudire il desiderio dell’uomo, concedendogli la forza, il coraggio e la potenza di un leone. Il contadino, eseguendo gli ordini di San Magno, uccise un coniglio e camminò sul tratto di neve che aveva cosparso col sangue dell’animale morto. Così facendo, si trasformò in leone. Sulla neve bianca, quindi, si trovava una pianta e su quella rossa un leone feroce.
A quel punto il Santo sparì, non accontentando il contadino che voleva ritornare uomo, come punizione per il suo peccato di superbia.

Secondo un’altra leggenda, forse più famosa e ricordata, l’origine dei colori del Gonfalone di San Magno è dovuta ai Santi Sebastiano e Rocco, che, venuti nottetempo ad ammirare gli affreschi che li ritraggono nella Basilica, lasciarono sulla neve bianca due strisce rosse del loro sangue.

 

La vita di San Magno Vescovo

Magno fu il 25° Vescovo di Milano, che successe a Eustorgio II e condivise con lui la nota della santità. 
Milanese probabilmente di origine, San Magno visse la sua esistenza in un'epoca di profonde trasformazioni sociali e culturali che hanno accompagnato il declino dell'antica civiltà romana e l'irrompere sulla scena europea di nuove popolazioni.

Gli antichi cataloghi dei Vescovi di Milano gli attribuiscono trent'anni di episcopato, che il Savio più giustamente riduce a dieci, dal 518 al 528. Iniziò il suo ministero nel favore del re dei Goti Teodorico, quantunque costui fosse ariano. Si adoperò tutto nell'apostolato di far conoscere il Vangelo di Gesù e di farlo amare.

Nella iscrizione posta sulla sua tomba il Vescovo Magno è lodato per la sua carità. Offrì la sua mano ai deboli, fu pronto a vestire gli ignudi e a liberare i prigionieri che le ricorrenti guerre moltiplicavano tra i diversi eserciti in lotta. Per virtù, per lo zelo pastorale, per gli alti meriti fu Magno, cioè grande non solo di nome ma per esemplarità di vita, luce e immagine di Dio per i credenti e gli uomini del suo tempo.

Sempre uguale sia nelle prospere che nelle avverse fortune, non si esaltò come non si lasciò abbattere, avendo Dio come unica e certa speranza. Pare infatti che Teodorico, mentre agli inizi gli fu amico e lo favorì nella sua opera di evangelizzazione, accecato dal cattivo spirito dell'eresia ariana, divenne il suo persecutore, come lo era già stato del venerabile filosofo Boezio, del pio Simmaco a Ravenna e dello stesso Papa Giovanni I.

Morì verso il 530 e fu sepolto nella Basilica di S. Eustorgio in Milano. Leone da Perego nel 1249, che con Legnano ebbe significativi rapporti, ne collocò la salma a fianco del corpo di S. Eustorgio. Il suo nome venne onorato di altari e chiese, prime fra tutte per valore artistico la Basilica Prepositurale di Legnano, costruita sopra le rovine dell'antica chiesa medievale dedicata al Santo Salvatore.

La festa liturgica, celebrata fino al Settecento il 19 agosto, fu trasportata al 5 novembre, in continuità con la festa di Tutti i Santi.

Testi tratti dal sito di Contrada