Mons.Cairati: Una Chiesa che impara a camminare insieme

Domenica 10 Marzo (prima domenica di Quaresima) gli operatori della nostra parrocchia hanno vissuto un momento di grande ricchezza con una mattinata di lavoro e assemblea. Pubblichiamo la relazione del Parroco, mons. Angelo Cairati dal titolo: Una Chiesa che impara a camminare insieme

 

Una Chiesa che impara a camminare insieme 
Ritiro per operatori pastorali  – Quaresima 2019

 

“Questo tempo che infrange i nostri sogni è capace anche di aprire i nostri occhi”

Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca” (Francesco 2015 al Convegno della Chiesa italiana a Firenze). Per quanto riguarda la dimensione religiosa, che più ci interessa, potremmo dire che è finito il regime di “cristianità” iniziato con Costantino e codificato da Costanzo nel 380 d.C.: la società civile e politica non propizia più l’accesso alla fede cristiana. La fede è nuda e la comunità cristiana ha il compito di renderla credibile, non più a partire da un’inerzia sociale, quanto dal fascino con cui i suoi membri sanno viverla e renderne ragione (cfr. 1Pt 3,15). Chiesa dove vai? Chiesa di Legnano dove vai? Negli anni ’60 queste domande accendevano sogni e aspettative utopiche; oggi generano insicurezza e ansie per il futuro. In una tale situazione occorre soprattutto una visione realistica e nel contempo audace: occorre guardare con lo sguardo di Gesù, pensare secondo il suo pensiero (cfr. 1Cor 2,16). Occorre immaginare un cambiamento che sappia salire di livello: dalla semplice trasformazione organizzativa alla spiritualità; dalla riforma di ambiti (pastorali) alla conversione degli operatori (pastorali), che dentro questi stessi ambiti vivono e testimoniano la loro fede. Solo così la nostra Parrocchia reggerà il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando, che ci tocca particolarmente, a partire dalla progressiva secolarizzazione e dei suoi effetti sulla nostra comunità. Quali sono i sentimenti che i cattolici coltivano oggi alle nostre latitudini? Pare che il crepuscolare racconto dei discepoli in fuga verso Emmaus (Lc 24, 13-35) narri bene la situazione attuale delle nostre comunità. In effetti noi cristiani siamo di nuovo per strada. Per qualche secolo ci siamo convinti di avere fissa dimora in un mondo immutabile. La storia ci ha rimessi in viaggio con tutta l’irrequietezza che caratterizza la nostra epoca. Il glorioso passato di un cristianesimo trionfante, la storia ha finito per crocifiggerlo. L’Occidente ha da tempo dissociato le fondamenta del suo vivere civile e i criteri della propria convivenza sociale dal suo passato cristiano, disfacendosi di quell’umanesimo religioso che pure ha nutrito le sue filosofie, le sue scienze, le sue giurisprudenze. Non  dobbiamo però scambiare il declino di una cultura storica per la fine della testimonianza cristiana. La storia sta aprendo le finestre del nostro cenacolo appesantito da inevitabile aria viziata, e papa Francesco lavora con essa sui nostri ammalorati serramenti pastorali. Basterebbe rileggere l’Evangelii gaudium, testo in continuità con l’aggiornamento conciliare voluto da Giovanni XXIII (cfr. Omelia Gaudet mater ecclesiae), la Gaudium et Spes, l’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI.  La Chiesa di oggi ha una composizione demografica pregiudicata dall’esodo di massa delle giovani generazioni e dal distacco delle generazioni di mezzo, che rendono la vita ecclesiale sintonizzata su umori prevalentemente senili, intonati ad una chiara esigenza di sicurezza e ordine. Francesco invece ci invita ad uscire, a leggere la storia come luogo di rivelazione. La storia è il modo con cui Gesù ci parla e si accosta a noi. Dunque i segni dei tempi vanno accolti e letti con un giudizio cristiano chiaro e realista, senza paura e con coraggio evangelico. L’azione pastorale della Chiesa, e dunque della nostra Parrocchia, consiste nel favorire le condizioni per l’incontro personale con Gesù, la sua calda umanità, a persone che vivono in questo contesto culturale, togliendo gli ostacoli sul cammino di quell’incontro. La nostra comunità, noi, abbiamo questa preoccupazione o siamo semplicemente immersi in quanto facciamo da tempo, al di là della sua efficacia evangelica? Occorre constatare che, pur essendo usciti dal regime di cristianità, di quell’epoca conserviamo molto della sua intelaiatura pastorale, ormai desueta. Macroscopico è l’esempio dell’iniziazione cristiana, dove invece che semplicemente catechizzare i bimbi (cosa buona e giusta), dovremmo prima rievangelizzare le famiglie, spostando appunto la nostra attenzione dai minori ai genitori. Pensate solo alle decine di migliaia di catechiste italiane appassionate nell’evangelizzazione delle famiglie; sarebbero una forza dirompente. Per ritrovare Ninive, si deve convertire Giona. Spesso l’ostacolo maggiore al lavoro della grazia non è l’incredulità del lontano, ma l’inerzia e le divisioni dell’appartenente. Se vogliamo cambiare qualcosa, dobbiamo cambiare noi. Va detto che la Chiesa italiana negli ultimi decenni, soprattutto a partire dai recenti Convegni ecclesiali di Verona (2006) e Firenze (2015), ha reimpostato la pastorale non più a partire semplicemente dalla triade classica: liturgia, catechesi, carità, ma dagli ambiti dove l’uomo vive (affettività, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza) e da possibili itinerari di cammino (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare). Mentre scrivo mi rendo conto che per molti di voi i riferimenti magisteriali ed ecclesiali che cito sono totalmente ignoti. Anche questo deve far riflettere. Occorre uscire da un certo provincialismo e tornare ad appassionarsi delle vicende ecclesiali più ampie, anche aggiornandosi. Quanti di noi lo fanno, respirando con la Chiesa?  Basterebbe sapere quanti di noi leggono ‘Avvenire’ o altre riviste religiose. 

 

“Nessuna chiesa sarà mai autorevole e credibile sulle cose ultime, finché non sarà irreprensibile e seria su quelle penultime”. 

Abbiamo detto che occorre partire da noi per un rilancio del nostro agire pastorale, fondato sulla bellezza della nostra testimonianza, come singoli e come comunità cristiana. Il Vangelo infatti, ricorda Francesco, si comunica per attrazione e non per proselitismo. Per questo occorrono preti ‘virtuosi’ che si votano ad un lavoro comune, laici formati, con una visione d’insieme ed è necessario anche fare la pace con le differenze e le divergenze nella Chiesa. Solo così si potrà compiere un discernimento autentico dei segni dei tempi, per intraprendere vie significative di evangelizzazione, all’interno di un cammino sinodale. Vediamo singolarmente questi passaggi.

  • Preti ‘virtuosi’. La cura delle relazioni e le scelte pastorali purificate dai personalismi.

L’aggettivo nel titolo del paragrafo allude non tanto alla condotta ‘irreprensibile’ richiesta ai ministri di Dio, quanto alla scelta personale di abbracciare con coraggio e spirito profetico la nuova realtà ecclesiale. Mi riferisco alle Unità/Comunità pastorali, alla collaborazione in vista del bene comune della Chiesa. A chi guida una o più comunità parrocchiali è richiesta una lucida onestà intellettuale, che parte dalla serena e realistica conoscenza di sé, passa per una purificazione delle tentazioni madre che ci abitano (gratificazione in ogni cosa, potere e attaccamento alle cose), per approdare ad un’autentica collaborazione, seppur dialettica, con gli altri preti (fino al presbiterio diocesano unito al Vescovo) e i laici. In concreto, oggi non può arrivare nelle nostre comunità un ministro ordinato che non voglia camminare insieme (sinodalità), in vista di un lucido discernimento circa le scelte pastorali più idonee. Il lavoro sulla figura del prete deve cominciare da lontano, già nella formazione seminaristica (anzitutto umana) del giovane uomo che chiede di entrare nel presbiterio diocesano. D’altro canto è altrettanto impensabile che il pastore, già ferito dagli inevitabili urti della vita, sia lasciato solo nel suo cammino umano e pastorale. I rapidi mutamenti imposti dalla avanzata secolarizzazione e le inevitabili razionalizzazioni pastorali, toccano profondamente l’identità del prete. Solo una reale fraternità sacerdotale, una sana vita relazionale, una solida spiritualità e un’equa condivisione dei ‘pesi’ nell’impegno pastorale possono sostenere il ministero dei celibi per il Regno. Quali suggerimenti a me e al nostro presbiterio? 

  • Laici maturi e corresponsabili dell’insieme per un cammino sinodale.

Per essere aderenti alla realtà in un momento di così grande trasformazione, papa Francesco consiglia di assumere lo strumento del discernimento. In Evangelii gaudium lo raccomanda ben nove volte. Fare discernimento cristiano significa ascoltare, nella preghiera, ciò che lo Spirito chiede, qui ed oggi, alla nostra Parrocchia. Dal Battesimo lo Spirito inabita in noi, e nella Cresima ci è stata confermata questa dolce e forte presenza. Lo Spirito parla al nostro cuore e noi come Salomone dobbiamo sempre chiedere a Dio “un cuore capace di ascolto” (cfr. 1Re 3,9). Nell’epoca delle emozioni e della comunicazione istantanea, che non lascia spazio al pensiero profondo, oggettivo, ma si aggrappa a quello debole dei sentimenti fugaci e soggettivi, è quanto mai necessario riacquisire una capacità di ascolto e di riflessione credente, intelligente e prospettica (il futuro).  Nel Discorso alla Città di Milano (Sant’Ambrogio 2018), l’Arcivescovo Delpini ha più volte scandito questa espressione: ”Siamo autorizzati a pensare!”. Ha poi argomentato: “L’emozione non è un male, ma non è una ragione. Forse in questo momento l’intensità delle emozioni è particolarmente determinante nei comportamenti. Ciascuno si ritiene criterio del bene e del male, del diritto e del torto: quello che io sento è indiscutibile, quello che io voglio è insindacabile.”. Ecco vi confido che sento l’esigenza di avere intorno a me preti e laici con i quali pensare e discutere i grandi temi del nostro tempo, alla luce degli interventi del magistero del Papa, del Vescovo e delle menti acute che, nella società civile e politica, non mancano. Questo significa anche aggiornarsi, conoscere e approfondire insieme.  La dedizione di tanti laici impegnati in Parrocchia è ammirevole. L’impressione è però che ognuno conosca bene il suo settore, pregi e limiti, ma gli sfugga la visione d’insieme. Lo stesso Consiglio pastorale, pur fedele e zelante, mi pare afflitto da questa sindrome parcellizzante. Non basta avere collaboratori di settore (liturgia, catechesi, oratorio …). Occorre suscitare laici la cui collaborazione si estenda, almeno potenzialmente, a tutto l’arco delle attività della Parrocchia o della comunità. La mia preoccupazione è come far partecipare, secondo il carisma di ciascuno, all’insieme delle attività pastorali. Il contrario è il clericalismo: il parroco resta l’unico che ha la visione d’insieme e, pur attivando gli organismi di partecipazione laicale (i vari consigli), coltiva il dubbio che essi possano effettivamente sussidiarlo nelle grandi e piccole scelte. Sinodalità, significa appunto camminare insieme. Tra poco dovremo rinnovare gli organismi di partecipazione laicale, cioè i consigli della Parrocchia. Come preparare la nostra comunità a tale momento, quali itinerari per formare laici animati da autentica passione per la vicenda ecclesiale? Qual è la differenza tra collaborazione e corresponsabilità? Come propiziare questo passaggio?  Quali strumenti per un autentico ascolto dei fedeli?  

  • Unità nella pluriformità

Affermava il Card. Scola: “La pluriformità di vie attraverso cui lo Spirito agisce va inserita nell’unità della vita della Chiesa particolare e universale”. Questo significa che dall’unica Eucarestia che celebriamo, nascono da sempre, nella Chiesa, diverse vie verso la santità. In termini tecnici si parla di diverse spiritualità. In Città, ad esempio, abbiamo due Conventi che irradiano la spiritualità carmelitana. Vi sono alcune congregazioni religiose femminili che fanno altrettanto sulla scia delle loro fondatrici/fondatori. Il Signore ci ha benedetti con la presenza delle Suore Del Sangue di Cristo: un dono che va valorizzato.  Più evidente è la presenza di Movimenti e Associazioni ecclesiali. Questo dice la ricchezza dello Spirito e dei suoi doni (carismi). L’impegno vero è quello di conciliare tutto questo nel rispetto delle differenze. Da quel che vedo, sia le Parrocchie, sia le diverse realtà ecclesiali hanno cammini paralleli, proposte formative autonome ed anche iniziative culturali che talvolta si sovrappongono, ognuna con il suo indiscusso valore. Fortunatamente vi sono diverse persone legate a Movimenti e alle Associazioni che prestano il loro servizio nelle comunità parrocchiali, e questo aiuta  molto nei rapporti. Credo che il compito della nostra Parrocchia sia quello di accogliere tutti, nello sforzo di far camminare ognuno all’interno della Chiesa diocesana unita intorno al suo Vescovo, evitando il rischio dell’autoreferenzialità. Come è noto siamo in Unità pastorale con la Parrocchia di San Domenico. La pastorale giovanile funziona bene insieme, non vi sono particolari iniziative comuni invece per gli adulti (salvo i gruppi di spiritualità familiare), che paiono più restii. Su questo c’è molto da convertirsi e camminare. Quali proposte in tal senso? Più serena mi pare la diversità di gruppi e amicizie all’interno della Parrocchia. Non rilevo tensioni particolari. Va però curato maggiormente l’interscambio generazionale all’interno della Parrocchia ed in particolare dell’Oratorio. Da ultimo non sfugge la percezione che la società sportiva dei due Oratori non sia ancor ben inserita nel nostro, stante il lodevole impegno di chi la anima e la nostra convinta adesione alla sua esistenza e presenza. E’ importante che anch’essa si senta parte di un tutto che va animato non solo agonisticamente, ma anzitutto cristianamente. Questo è anche nostro compito, Come fare?

Queste note sono state stese prendendo spunto e anche riproducendo direttamente parte dei seguenti testi:

  • G. ZANCHI,  Rimessi in viaggio. Immagini da una Chiesa che verrà, Vita e Pensiero, Milano 2018
  • C. M. MARTINI, Quale prete per la Chiesa di oggi. Come essere annunciatori del Vangelo, In Dialogo, Milano 2015.
  • L. BRESSAN, Una chiesa che impara a cambiare, in Rivista del Clero italiano 6/2017, 420-433.
  • M. DELPINI, “Autorizzati a pensare”, Discorso alla Città di Milano (S. Ambrogio 2018), in www.chiesadimilano.it/arcivescovo.